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El angel sonriente / Langelo sorridente

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Juana Rosa Pita, “El angel sonriente / L’angelo sorridente”, Amatori, Usa 2013. Nata a Cuba ma praticamente da sempre negli Stati Uniti (Boston) è una figura quella della Pita culturalmente brillante, vivace per una devozione attiva (come ci ricorda Jorge de Arco nella prefazione) ad una parola esplicata in una polisemia di gradazioni che, dal lavoro di critica a quello di traduzione, dall’attività editoriale al romanzo, trova nella scrittura poetica la maggiore efficacia per ispirazione e pronuncia del dettato. Autrice in questo campo di una ventina di pubblicazioni (per cui ha ottenuto tra l’altro importanti riconoscimenti internazionali) si presenta in questo piccolo volume nella veste bilingue spagnola-italiana di un testo a fronte efficacemente espresso nello specchio in dialogo delle culture e dei mondi a lei cari: quello del continente americano e dell’europeo nelle incarnazioni e nelle traduzioni di istanze e miti rivelatori. Giacché il mito, soprattutto, è un riferimento importante di una poetica che procede, passateci l’immagine, come un bimbo al setaccio nel filtro paziente di granelli riportati alla luce di un mare che nella pronuncia ci fa cari per naturali e inconsce evocazioni, affidabile e paziente contraltare di un tempo meccanicisticamente sfigurato e sfigurante. Poesia chiara, allora, questa che si impone senza clamori, senza proclami ma con l’arguzia di gesti casalinghi a soffiare via la polvere dai volti e dalle cose, dalle case alle strade financo alle storie restituendo d’ognuno nel sorriso il lato d’ombra vivo e nonostante tutto in voce, nella gioia che reclama nel respiro più forte speranza. Quello dell’angelo sorridente del titolo dunque, bellezza di un profilo che se risale per interrogazioni sapienti ha lo sguardo dolce dell’uomo ritrovato e abbracciato in quanto tale, creatura smarrita e detta nelle sue storie minime (non ci sorprende allora tra gli altri l’omaggio alla Szymborska). Finitezza di una condizione umana al cui proposito ci torna alla mente quanto detto sulla Pita da Brigidina Gentile:”Essendo insoddisfatta della storia ufficiale la riscrive attraverso la poesia, per lei l’altra storia, creazione infinita che rivela il vero senso delle cose dietro il caos apparente”. O, ancora, quelle dello stesso Jorge de Arco su una lingua che divenendo fiume lava la storia e permette gli attraversamenti. Scrittura, ci sembra evidente tra tanti corsi, perciò d’acqua e di ponte come ogni vera scrittura- per sincerità del sentire nel dire- dovrebbe nella posa della propria misura. Fonte di anelli, o come direbbe lei stessa di “mulinelli” nella necessità dell’anima di svegliarsi a un reale cui abbisogna davvero un niente, un poco, ma “sempre che il poco sia immenso” (come nella bellissima immagine in “Partita di Primavera ” ). Coscienza di un sacro in lei sempre presente che ha nella cadenza delle stagioni il contemplato metronomo entro verità e dettagli anche apparentemente insignificanti ma che hanno il potere di legarci “come, secondo gli astrofisici,/ l’armonico tessuto dell’universo” (“La cosa vera”) o come Cristo che dagli abissi ”invoca la terra, eretto e fermo/ dove il suono resta muto” (“Marino clamore”). Consapevolezze queste che si stagliano via via più preziose nella seconda, più lunga ed omonima sezione (l’altra, la prima dal non casuale nome “Soglia”) nella risultanza di una preghiera e di una testimonianza di una “panificazione” di se stessi che sia base di amore e custodia anche dell’altro giacché il bene, come il tempo, è vero solo se contemporaneo (secondo la meditazione in “Cosa strana è il tempo”). Conseguentemente, senza andare oltre, la riuscita della poesia per la Pita è nel rompere il silenzio della “lingua esiliata dalla fonte” ridando parola “dall’intimo involucro” a quello scarto nascosto atto a scuotere in melodia il “mar intimo” di esseri gli uni altri a un tempo umani e necessari, finalmente bastevoli. Soffio e grazia di destinazione ben presente anche nell’accluso fascicolo di movimenti in terzine “meditati fuori libro”.

 

 Franca Alaimo - 26/11/2014 18:01:00 [ leggi altri commenti di Franca Alaimo » ]

Ho letto qualche mese fa questo libro dell’amica Juana Rosa Pita, sul quale ho scritto una recensione, dalla quale traggo un brano:
"Fatta di cose lievi e vivissime, la poesia di Juana possiede una vibrazione luminosa inspiegabile, che si può solo avvertire, ma non dire, come tutto ciò che fa parte di un’altra dimensione; è cristallina; arde purissima come una fiamma, accoglie in sé dolcissimi smottamenti dell’anima, veicola gratitudine e bellezza, dispiegandosi in un canto musicale che placa il dolore e ci trasporta a bordo di una nave leggera fino alle braccia aperte del Cristo degli abissi, davanti al suo volto amato".
Juana conosce, ovviamente, il mio scritto che è pure stato tradotto in spagnolo e, dunque, lo trascrivo qui non per lei, ma per i lettori de La Recherche, sperando che assaporino questa deliziosa poesia.

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